venerdì 17 luglio 2015

26. Abelardo ed Eloisa

Nel viale principale del cimitero monumentale Père Lachaise, a Parigi, si incontrano le tombe di Abelardo (1079-1142) ed Eloisa (1101-1164), gli innamorati parigini del medioevo la cui leggenda racconta che alla sepultura di Eloisa, di vent'anni successiva a quella dell'amato, Abelardo aprì le braccia per accoglierla.
Nati praticamente un millennio fa, sono protagonisti di una storia assolutamente rimarchevole e senza tempo, e sono tra l'altro i più antichi residenti del cimitero. Leggendaria è la loro storia d’amore, che forse ad Abelardo diede più fama delle sue opere, ma è importante sottolineare la singolarità della figura di Eloisa, sicuramente la prima donna “intellettuale”.
In un tempo in cui la Chiesa dominava ogni aspetto della vita, la voce di Peter Abélard si elevò dove nessuno aveva mai osato, asserendo: "E' ponendoci domande che impariamo la verità"
E' ponendoci domande che impariamo la verità. Questa frase scatenò le ire della Chiesa, assurgendo a critica ragionata della dottrina cristiana.
La loro relazione iniziò a Parigi, dove il chierico Abelardo, filosofo e teologo dalla straordinaria esuberanza fisica e intellettuale, era diventato famoso e seguito da molti discepoli, estremamente affascinati dalla sua vastità culturale. All’apice della notorietà, intorno ai trentacinque anni, il superbo filosofo decise di abbandonare la castità e dedicarsi al soddisfacimento delle sue più recondite pulsioni carnali. A tal fine, con estremo cinismo, meditò e attuò il piano per conquistare Eloisa, la cui fama echeggiava in tutta la Francia, per la rara bellezza, la straordinaria intelligenza e l’incomparabile cultura, doti assolutamente uniche per una donna dell’epoca, che avevano notevolmente incuriosito il filosofo, infiammando il suo desiderio. L’eccezionale ragazza medievale si avvicinava al diciottesimo anno, quando fu affidata dallo zio Fulberto, con il quale viveva, agli insegnamenti di Abelardo, il quale, per attuare il suo diabolico piano di conquista, era riuscito a convincere il canonico di Notre-Dame sulla necessità di vivere sotto lo stesso tetto, per poter meglio svolgere il ruolo di precettore di sua nipote. L’amorevole zio, sempre più desideroso di dare a sua nipote il massimo dell’erudizione, la consegnò con fiducia ad Abelardo, accordandogli persino il permesso di percuoterla per farla studiare e facilitando, inconsapevolmente, la nascita della relazione tra l’allieva e il Maestro, i quali, non appena si trovarono soli, furono colpiti da una irresistibile attrazione e da un’immediata e profonda intesa. Di pari levatura intellettuale e altrettanta maturità sessuale, tra i due non ci fu il classico e torbido rapporto di potere tra allieva e maestro, ma un’intesa immediata e simbiotica, che univa il piacere delle discussioni filosofiche al piacere carnale. La seduzione giocò un ruolo fondamentale ed entrambi, liberi da ogni tipo di conformismo, vissero la loro sessualità, ricercando sfrenatamente il piacere fisico e assecondando il desiderio bruciante, intemperante e lussurioso. Eloisa seguì per prima, come fanno sempre le donne, l’esplosione dei sentimenti di amore profondo verso il suo “idolo” e gli aprì, prima delle sue candide cosce, il suo cuore gonfio di emozioni inarrestabili e incommensurabili, perdendo di giorno in giorno quella parte di sé, utile ad accogliere incondizionatamente il suo amato, come elemento integrante del suo essere. Abelardo, invece, da buon prototipo di maschio in piena tempesta ormonale, era partito con l’idea di conquistare la sua preda, con l’unico fine del godimento dei piaceri sessuali, ma si abbandonò completamente all’amore e alla ingovernabile passione, che trascinò entrambi nel dominio del puro piacere sessuale, spingendoli ad esplorare tutti i territori della lussuria e del puro godimento, fino a sfiorare la perversione del masochismo e dell’autolesionismo, in un gioco hard di sottomissione, che avrebbe fatto impallidire, secoli dopo, le famose “sfumature di grigio”.
La profonda comunione intellettuale e fisica conferì al loro amore le solide basi di un’intesa spirituale, che illuminerà costantemente l’oscuro destino a cui andarono incontro. Tragici furono gli eventi che seguirono quell’anno di amore, dopo che lo zio Fulberto scoprì la loro relazione e mandò tre sicari ad evirare Abelardo, reo di aver tradito la sua fiducia e di aver costretto Eloisa, dopo la nascita del loro unico figlio, Astrolabio (rapitore delle stelle). La prima cosa che ci colpisce nel nome Astrolabius è che è l’anagramma del nome latino Petrus Abelardus.
Abelardo si dichiara disposto a sposare Eloisa, a condizione che il matrimonio rimanga segreto per non danneggiare la sua carriera. Egli infatti non è solo docente, ma è anche chierico, perciò non può sposarsi. Ma Eloisa si oppone in modo assolutamente fiero e anacronistico al matrimonio, preferendo essere adultera e prostituta, pur di non nuocere al prestigio del suo uomo, scrivendo così una delle più belle pagine di rispetto, ammirazione e devozione verso l’amore e verso la filosofia, riconoscendone la superiorità assoluta. Inoltre, Eloisa, peccatrice sfrontata e stupendamente impenitente, reclamò, per la prima volta nella storia, il diritto sacrosanto della donna al piacere sessuale e si affermò diventando la prima donna letterata e, in seguito, badessa del Paracleto, dimostrando la sua indipendenza di pensiero e il suo valore in campo filosofico. Abelardo, invece, accettò la mutilazione del corpo, come espressione della volontà divina e condizione per espiare i suoi peccati, tornando alla sua vita accademica ed ecclesiastica. Fu costretto a bruciare alcuni dei suoi più critici lavori (tra cui la sua Theologia), e fu processato per eresia e morì.
"Tu, o Signore, ci hai uniti insieme, e quando hai ritenuto, tu ci hai divisi" (da una preghiera di Abelardo ed Eloisa)
La critica ragionata di Abelardo tornerà a fiorire un secolo più tardi, accettata persino dalla stessa Chiesa che lo condannò e uccise.
Alla loro morte, furono sepolti insieme.
La loro storia ha superato le barriere del tempo e si è consegnata all’eternità, con il suo carico di immenso amore, ma anche di immane dolore. Oggi, i due amanti medievali riposano, per sempre insieme, al Père Lachaise, cimitero monumentale di Parigi. Una bella cappella gotica unisce per sempre Abelardo ed Eloisa affiancati in preghiera, in gesto di perdono, nella veglia dell’attesa del Giudizio Finale, fiduciosi della comprensione umana e di quella divina. Il sepolcro è realizzato con pietre provenienti dal monastero e dal convento in cui vissero i due innamorati fino alla loro morte. La figura del cane ai piedi di Abelardo rappresenta la loro reciproca assoluta fedeltà. La loro tomba è meta di tutti gli innamorati che chiedono, lanciando monetine sui loro simulacri, di rendere eterno il loro amore. Ma l’eternità è talmente pignola, severa e crudele, da richiedere, in cambio di se stessa, enormi e dolorosi sacrifici, e non si fa carico facilmente delle ordinarie storie d’amore, anche quando le crediamo meravigliose.






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