Nel viale principale del cimitero
monumentale Père Lachaise, a Parigi, si incontrano le tombe di Abelardo
(1079-1142) ed Eloisa (1101-1164), gli innamorati parigini del medioevo
la cui leggenda racconta che alla sepultura di Eloisa, di vent'anni
successiva a quella dell'amato, Abelardo aprì le braccia per
accoglierla.
Nati praticamente un millennio fa, sono protagonisti di
una storia assolutamente rimarchevole e senza tempo, e sono tra l'altro
i più antichi residenti del cimitero. Leggendaria è la loro storia
d’amore, che forse ad Abelardo diede più fama delle sue opere, ma è
importante sottolineare la singolarità della figura di Eloisa,
sicuramente la prima donna “intellettuale”.
In un tempo in cui la
Chiesa dominava ogni aspetto della vita, la voce di Peter Abélard si
elevò dove nessuno aveva mai osato, asserendo: "E' ponendoci domande che
impariamo la verità"
E' ponendoci domande che impariamo la verità.
Questa frase scatenò le ire della Chiesa, assurgendo a critica ragionata
della dottrina cristiana.
La loro relazione iniziò a Parigi, dove
il chierico Abelardo, filosofo e teologo dalla straordinaria esuberanza
fisica e intellettuale, era diventato famoso e seguito da molti
discepoli, estremamente affascinati dalla sua vastità culturale.
All’apice della notorietà, intorno ai trentacinque anni, il superbo
filosofo decise di abbandonare la castità e dedicarsi al soddisfacimento
delle sue più recondite pulsioni carnali. A tal fine, con estremo
cinismo, meditò e attuò il piano per conquistare Eloisa, la cui fama
echeggiava in tutta la Francia, per la rara bellezza, la straordinaria
intelligenza e l’incomparabile cultura, doti assolutamente uniche per
una donna dell’epoca, che avevano notevolmente incuriosito il filosofo,
infiammando il suo desiderio. L’eccezionale ragazza medievale si
avvicinava al diciottesimo anno, quando fu affidata dallo zio Fulberto,
con il quale viveva, agli insegnamenti di Abelardo, il quale, per
attuare il suo diabolico piano di conquista, era riuscito a convincere
il canonico di Notre-Dame sulla necessità di vivere sotto lo stesso
tetto, per poter meglio svolgere il ruolo di precettore di sua nipote.
L’amorevole zio, sempre più desideroso di dare a sua nipote il massimo
dell’erudizione, la consegnò con fiducia ad Abelardo, accordandogli
persino il permesso di percuoterla per farla studiare e facilitando,
inconsapevolmente, la nascita della relazione tra l’allieva e il
Maestro, i quali, non appena si trovarono soli, furono colpiti da una
irresistibile attrazione e da un’immediata e profonda intesa. Di pari
levatura intellettuale e altrettanta maturità sessuale, tra i due non ci
fu il classico e torbido rapporto di potere tra allieva e maestro, ma
un’intesa immediata e simbiotica, che univa il piacere delle discussioni
filosofiche al piacere carnale. La seduzione giocò un ruolo
fondamentale ed entrambi, liberi da ogni tipo di conformismo, vissero la
loro sessualità, ricercando sfrenatamente il piacere fisico e
assecondando il desiderio bruciante, intemperante e lussurioso. Eloisa
seguì per prima, come fanno sempre le donne, l’esplosione dei sentimenti
di amore profondo verso il suo “idolo” e gli aprì, prima delle sue
candide cosce, il suo cuore gonfio di emozioni inarrestabili e
incommensurabili, perdendo di giorno in giorno quella parte di sé, utile
ad accogliere incondizionatamente il suo amato, come elemento
integrante del suo essere. Abelardo, invece, da buon prototipo di
maschio in piena tempesta ormonale, era partito con l’idea di
conquistare la sua preda, con l’unico fine del godimento dei piaceri
sessuali, ma si abbandonò completamente all’amore e alla ingovernabile
passione, che trascinò entrambi nel dominio del puro piacere sessuale,
spingendoli ad esplorare tutti i territori della lussuria e del puro
godimento, fino a sfiorare la perversione del masochismo e
dell’autolesionismo, in un gioco hard di sottomissione, che avrebbe
fatto impallidire, secoli dopo, le famose “sfumature di grigio”.
La
profonda comunione intellettuale e fisica conferì al loro amore le
solide basi di un’intesa spirituale, che illuminerà costantemente
l’oscuro destino a cui andarono incontro. Tragici furono gli eventi che
seguirono quell’anno di amore, dopo che lo zio Fulberto scoprì la loro
relazione e mandò tre sicari ad evirare Abelardo, reo di aver tradito la
sua fiducia e di aver costretto Eloisa, dopo la nascita del loro unico
figlio, Astrolabio (rapitore delle stelle). La prima cosa che ci
colpisce nel nome Astrolabius è che è l’anagramma del nome latino Petrus
Abelardus.
Abelardo si dichiara disposto a sposare Eloisa, a
condizione che il matrimonio rimanga segreto per non danneggiare la sua
carriera. Egli infatti non è solo docente, ma è anche chierico, perciò
non può sposarsi. Ma Eloisa si oppone in modo assolutamente fiero e
anacronistico al matrimonio, preferendo essere adultera e prostituta,
pur di non nuocere al prestigio del suo uomo, scrivendo così una delle
più belle pagine di rispetto, ammirazione e devozione verso l’amore e
verso la filosofia, riconoscendone la superiorità assoluta. Inoltre,
Eloisa, peccatrice sfrontata e stupendamente impenitente, reclamò, per
la prima volta nella storia, il diritto sacrosanto della donna al
piacere sessuale e si affermò diventando la prima donna letterata e, in
seguito, badessa del Paracleto, dimostrando la sua indipendenza di
pensiero e il suo valore in campo filosofico. Abelardo, invece, accettò
la mutilazione del corpo, come espressione della volontà divina e
condizione per espiare i suoi peccati, tornando alla sua vita accademica
ed ecclesiastica. Fu costretto a bruciare alcuni dei suoi più critici
lavori (tra cui la sua Theologia), e fu processato per eresia e morì.
"Tu, o Signore, ci hai uniti insieme, e quando hai ritenuto, tu ci hai divisi" (da una preghiera di Abelardo ed Eloisa)
La critica ragionata di Abelardo tornerà a fiorire un secolo più tardi,
accettata persino dalla stessa Chiesa che lo condannò e uccise.
Alla loro morte, furono sepolti insieme.
La loro storia ha superato le barriere del tempo e si è consegnata
all’eternità, con il suo carico di immenso amore, ma anche di immane
dolore. Oggi, i due amanti medievali riposano, per sempre insieme, al
Père Lachaise, cimitero monumentale di Parigi. Una bella cappella gotica
unisce per sempre Abelardo ed Eloisa affiancati in preghiera, in gesto
di perdono, nella veglia dell’attesa del Giudizio Finale, fiduciosi
della comprensione umana e di quella divina. Il sepolcro è realizzato
con pietre provenienti dal monastero e dal convento in cui vissero i due
innamorati fino alla loro morte. La figura del cane ai piedi di
Abelardo rappresenta la loro reciproca assoluta fedeltà. La loro tomba è
meta di tutti gli innamorati che chiedono, lanciando monetine sui loro
simulacri, di rendere eterno il loro amore. Ma l’eternità è talmente
pignola, severa e crudele, da richiedere, in cambio di se stessa, enormi
e dolorosi sacrifici, e non si fa carico facilmente delle ordinarie
storie d’amore, anche quando le crediamo meravigliose.
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