sabato 18 luglio 2015

144. La Chiesa dei Morti

La Chiesa dei Morti fu inizialmente nominata cappella Cola, perché Cola di Cecco (Nicola di Francesco, originario di S. Angelo in Vado), assieme alla moglie Antonia di Filippuccio, abitanti nei pressi del Convento di San Francesco, vi eressero un oratorio nel 1380.
Nel testamento del 1400 lasciarono la cappella alla Compagnia della Misericordia, che l'affidò ai francescani fino al 1602.
Nel 1648 subentrò il Capitolo della Cattedrale di Urbania grazie all’affido del “Motu proprio” da parte di papa Urbano VIII; gestione trasferita nel 1816 alla Compagnia della Morte che nel 1831 iniziò a realizzare dietro l’altare maggiore il cosiddetto Cimitero delle Mummie.
Oltre al bel portale romanico-gotico in pietra rosata, all’interno si trovano tracce di affreschi quattrocenteschi. Sull’altare maggiore si ammira il dipinto della Decollazione di San Giovanni Battista del 1560, attribuito a Giustino Episcopi. Sulle pareti le tele del Martirio di Santa Lucia di Giorgio Picchi (metà sec.XVI) e la Madonna della cintura di Palma il giovane (fine sec. XVI).
Nella sagrestia altri affreschi, tele e cimeli, fra cui il drappo nero della Compagnia della Morte.
La storia di questo singolare museo dal gusto un pò macabro ha inizio nel lontano 1567, anno in cui a Casteldurante venne istituita la Compagnia della Morte o Confraternita della Buona Morte.
Sotto il patronato di S. Giovanni Decollato, 120 fra laici e religiosi promulgarono - assieme al cardinale Giulio Feltro della Rovere - lo statuto della confraternita, composto da ben 31 capitoli.
Scopo preciso del sodalizio era il trasporto gratuito dei cadaveri, l’assistenza ai moribondi, specialmente i giustiziati, la registrazione dei defunti in appositi libri e la distribuzione delle elemosine ai poveri.
Durante la cerimonia funebre i “fratelli” indossavano una veste bianca con cappuccio nero sul capo (come si può vedere oggi nel personaggio al centro della cripta, il priore Vincenzo Piccini).
La sepoltura dei corpi avveniva nel retro della piccola chiesa, chiamata Cappella Cola fino al 1836, a fianco del convento e della chiesa di San Francesco, in un terreno adibito a cimitero.
Quando, nei primi anni del 1800 -a seguito dell’editto di Saint Cloud di Napoleone Bonaparte del 1804, che spostava i cimiteri fuori le mura delle città per ragioni sanitarie- iniziarono i lavori di riesumazione dei cadaveri, diversi corpi apparvero sorprendentemente intatti.
Nel 1833, la Confraternita sistemò i corpi mummificati dietro l’altare della Cappella, che da allora prese il nome di Chiesa dei Morti (oggi in Via Filippo Ugolini, di fianco all’ex Seminario, che poi è proprio l’antico Convento annesso alla Chiesa di San Francesco).
Solo negli anni ’60-’70, alcuni antropologi e biologi diedero una spiegazione scientifica del fenomeno, sostenendo che una particolare muffa (Hipha bombicina pers), grazie al tipo di terreno, avesse provocato l’essiccazione dei corpi, ricoprendo interamente o in parte alcuni cadaveri e impedendo il processo della cancrena e della putrefazione.
In pratica, i corpi, oltre alla struttura scheletrica, conservano la pelle, gli organi interni e in alcuni casi anche i capelli e gli organi genitali.
Ciascuno dei 18 personaggi nasconde vicende e storie sorprendenti.
Al centro del gruppo, il priore della Confraternita Vincenzo Piccini, la moglie Maddalena e il figlio (che furono mummificati in seguito, con procedimenti chimici e non naturali). Quindi altri corpi, sormontati da cartigli con frasi bibliche che invitano a meditare sulla caducità della vita.
Tra le mummie più antiche quelle del fornaio detto “Lunano” e della donna morta di parto.
Tra i 18 corpi c'è anche quello del giovane accoltellato in una veglia danzante, con lo squarcio della lama: di questo personaggio viene mostrato il cuore essiccato e trafitto dal pugnale. Altra mummia esposta è quella dell’impiccato.
Fra tutte, la storia più drammatica è certamente quella dell'uomo che, si racconta, fu sepolto vivo in stato di morte apparente e si risvegliò nella tomba.
Le Mummie di Urbania suscitano da sempre tantissimo interesse da parte di curiosi, visitatori, giornali e televisioni nazionali ed estere. Nel 2002 una equipe del National Geographic ha fatto lunga tappa nella cripta per la serie “The mummy road show" (La strada delle mummie). Il polmologo Ron Beckett e il radiologo Jerry Conlogue hanno analizzato i corpi: così è emerso che il canonico Muscinelli, una delle mummie, aveva sicuramente il diabete ed acute forme di artrite: tra le probabili cause del decesso anche la polmonite.






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